Massimo Spigaroli

Relais Corte Pallavicina
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Lo senti parlare e sembra che abbia vissuto da mille anni questi suoi luoghi sulla riva destra del Grande Fiume, talmente è vasta la sua conoscenza degli usi e costumi di questa striscia di terra che lambisce il Po e che va sotto il nome di Bassa Parmense.
Invece Massimo Spigaroli, chef patron dell’Antica Corte Pallavicina e attuale presidente di CheftoChef, è un figlio degli anni del boom economico che qui era arrivato sotto forma di dancing all’aperto con ristorante annesso, aperto dai suoi genitori nel 1961 con il nome di Cavallino Bianco.
Il Cavallino Bianco esiste ancora, è un ristorante tradizionale sapientemente gestito da Luciano Spigaroli, mentre Massimo ha preso le redini dell’Antica Corte Pallavicina, ristorante stellato e relais ricavati nel trecentesco castello Pallavicino che i due fratelli decisero di acquistare nei primi anni Novanta.
Ed è proprio lì che va in scena l’incredibile cultura gastronomica di Massimo Spigaroli. Nella sua cucina la quasi totalità degli ingredienti arriva dalla loro azienda agricola: dai celeberrimi salumi, Culatello di Zibello DOP in testa (di cui, va ricordato, Massimo Spigaroli è stato colui che lo ha portato alla fama internazionale, evitandone l’estinzione produttiva a cui stava andando incontro), agli animali da cortile che scorrazzano liberi negli ampi spazi dell’azienda ai maiali di razza nera parmigiana (altro recupero a cui va il merito); dalle vacche bianche che pascolano placide nella golena del Po in cui è collocata l’Antica Corte Pallavicina ai vigneti di Fortana che la famiglia Spigaroli ha ripiantato nella Bassa, ricavandone una serie di vini da premio.
Ma torniamo alla visione culinaria di Massimo Spigaroli che, con il suo concetto di evoluzione del territorio, ha dato una precisa identità ai suoi menu.
“L’evoluzione del territorio l’ho applicata in apertura del ristorante, nel 2011 (dopo pochi mesi arrivò la prima stella Michelin ndr), e consisteva nell’ideare un nuovo modo di presentare i piatti della tradizione di questi luoghi, dove l’alimentazione è stata, per anni, sussistenza prima di evolversi in piacere. E al piacere va data anche una forma estetica. Questa era la prima esigenza” spiega Massimo Spigaroli.
Ma dal momento che il personaggio è la quintessenza della determinazione e dell’eclettismo, la ricerca non si è fermata e forse, più che di ricerca, si deve parlare di ricordo e di individuazione dei sapori, come racconta lo chef.
“Oggi la mia cucina amo definirla gastro-fluviale, per quanto è strettamente legata alla terra e ai suoi umori, umidità compresa. Va vista nell’evoluzione del sapore, che deve diventare a tutti i costi l’elemento identificativo. Un sapore fatto da ingredienti, passaggi di preparazione e sistemi di cottura che non permettono di cucinare in nessun altro modo”.

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StrPalazzo due Torri, 3, 43010 Polesine Parmense PR

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