Aurora Mazzucchelli
Ristorante Marconi
www.ristorantemarconi.it
Tanto fuoco, non solo nei capelli, ma soprattutto nella passione per il proprio lavoro. Ecco il ritratto di Aurora Mazzuchelli che nel ristorante di famiglia, situato a Sasso Marconi, ormai da più da quindici anni propone una cucina puntuale, rigorosa e in continuo rinnovamento, ma soprattutto a cui lei stessa sente di appartenere. Caratteristiche che con il passare del tempo hanno ricevuto maggiore compiutezza e quindi direzione, guidate da uno stile sempre più mirato a valorizzare i sapori della sua terra. Proviene da una famiglia vocata alla ristorazione, con il padre cuoco e la mamma sfoglina; nonostante le innumerevoli esperienze in questo campo le piace ancora umilmente definirsi “autodidatta” per passione. Insieme al fratello Massimo, nel 2000, decise di prendere le redini del ristorante Marconi, unendo creatività e grande personalità, ad una costante attenzione ai prodotti del territorio e della tradizione. Riconosce la cucina come bisogno primario, fonte di emozioni, nutrimento necessario affinché possa dare adeguato nutrimento agli altri. Il suo piacere nell’ “alimentarsi” di questa passione diventa visibile a tutti anche per l’incontenibile desiderio di ricerca e perfezionamento della tecnica che la contraddistinguono: le stagioni estive sono state per Aurora occasione di incontro con alcuni importanti chef, come Herbert Hintner del ristorante Zur Rose di San Michele Appiano, Gaetano Trovato del ristorante Arnolfo di Colle Val D’Elsa, Paolo Lopriore del ristorante Il Canto della Certosa di Maggiano e lo chef basco Martin Berasategui. Si è dedicata poi all’approfondimento dell’arte pasticcera, con il grande maestro bolognese, Gino Fabbri. Nel 2012 raggiunge un importante traguardo: viene premiata come “Migliore Chef d’Italia” dalla guida Identità Golose.
Purezza di sapori, gioco, concentrazione di equilibri, apertura alla gestualità: esplorazioni che trasformano la percezione di un ricordo o la folgorazione di un momento.
Il processo creativo entra nei piatti per sottrazione. La bellezza di un piatto scaturisce dalla materia pura, elemento che supera la funzione decorativa per manifestarsi nella sua essenza. Non natura morta, inanimata, ma natura viva, in contatto con l’attività intellettuale di chi la manipola, la lavora, dal fotogramma in cui sta per manifestarsi e oltre la rappresentazione finale.
La meta, la ricetta finale, non è solo forma, solo materia, ma rientra in un gusto, in un perimetro che, come il bordo del piatto, è lontano dall’essere vissuto come gabbia ma è spazio in cui l’ospite e il cibo si muovono ricercando talvolta lo stupore, talvolta la sicurezza di una sintonia.
Ha scelto di raccontare la personalità e i prodotti che ama attraverso i piatti, in modo contemporaneo, in evoluzione con la crescita personale e professionale; di usare la tecnica per tradurre in concreto ciò che ha nella testa, nel cuore e nella gola.